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L’esposizione all’amianto ha causato un gran numero di vittime. L’importanza di ricordarle in un giorno: il 28 aprile.
Il mondo dovrebbe essere un luogo sano e sicuro, dove ogni individuo potrebbe vivere al meglio la propria esistenza. Tuttavia ciò non sarebbe possibile nemmeno nella più utopistica visione della realtà. La realtà, infatti, è ben diversa: il mondo non è un logo sicuro. Viviamo in una società globale in cui è più facile morire che vivere, in cui le malattie sono sempre più frequenti. Bisogna lavorare per vivere e nemmeno i luoghi di lavoro sono dotati di sistemi di sicurezza.
In alcune fabbriche o cantieri per anni è stato utilizzato l’amianto, un minerale altamente tossico. Un killer silente che ha lentamente ucciso un gran numero di persone. Si tratta, purtroppo, di un materiale molto comune in natura, e considerata la sua resistenza al calore, per decenni è stato utilizzato nell’industria tessile e navale, ma anche nell’edilizia. Dunque si può solo immagine il gran numero di persone che sono state a contatto con questo materiale tanto nocivo. Non solo gli operai dei cantieri, ma anche architetti, ingegneri, persone che abitavano i prossimità di stabilimenti e fabbriche.
Per decenni l’amianto è stato utilizzato senza alcun controllo, agendo indisturbato contro una popolazione sempre più fragile. E nel frattempo nel corso degli anni hanno iniziato a comparire i primi sintomi, indicando che qualcosa stava andando storto. Il primo Paese ad utilizzare misure cautelative contro l’asbesto è stato il Regno Unito. Risalgono al 1930 i primi studi epidemiologici sulla correlazione fra l’esposizione al materiale e l’insorgenza di malattie neoplastiche. Nel 1943 la Germania fu il primo Stato ad affermare che il mesotelioma è causato direttamente dall’amianto, stabilendo un risarcimento per i lavoratori colpiti da tale malattia.
L’Italia e la lotta all’amianto.
In Italia la lotta è all’amianto è durata molto più tempo. Per anni gli abitanti di Taranto hanno dovuto convivere con le polveri bianche provenienti dalla acciaierie dell’Ilva. E mentre il killer silenzioso continuava a mietere vittime fra la popolazione, gli imprenditori hanno continuato ad utilizzare il minerale, senza voler fare un passo indietro.
In Italia la legge che vieta l’uso e l’estrazione dell’amianto è arrivata solo nel 1992, poco più di trent’anni fa. La legge 27 marzo numero 257 ha stabilito il divieto dell’utilizzo di asbesto in qualsiasi attività professionale, ma anche di estrazione, importazione e commercializzazione. Inoltre è stato stabilito che ogni luogo in cui era stato utilizzato tale minerale venisse adeguatamente bonificato.
Ma l’amianto è davvero scomparso?
La parola amianto provoca dolore e paura. Sono trascorsi trentadue anni dal bando dell’asbesto in Italia, e viene da chiedersi: l’amianto è davvero sparito? Gli italiano possono mettere la parola fine ad una della vicende più tristi del nostro Paese? Una domanda alla quale è difficile dare una risposta; ci augureremmo di si, ma non è detto. L’amianto potrebbe essere nascosto in luoghi impensabili, dove difficilmente si è optato e si opterà per una bonifica.
Dove è stato utilizzato l’amianto.
Stando ai dati emersi dal Rapporto del registro nazionale dei mesoteliomi la modalità di esposizione all’amianto è legata all’ambiente di lavoro. Come detto precedentemente l’amianto è stato utilizzato in particolar modo nell’edilizia, nei cantieri navali e nella metalmeccanica. Tuttavia potrebbe essere presente anche negli zuccherifici e negli stabilimenti petrolchimici.
Potenzialmente potrebbero esserci tracce di asbesto anche nelle scuole; non mancano le segnalazioni di casi di mesotelioma fra il personale docente e non docente.
La pericolosità dell’amianto.
La pericolosità dell’amianto è legata alla capacità di creare danni alle vie respiratorie se inalato. Fra le tipologie di tumore legate all’esposizione all’absesto c’è il mesotelioma. Si tratta di una neoplasia che colpisce i tessuti sottocutanei e può svilupparsi nella pleura ma anche nell’addome. Oltre al mesotelioma, gli studi epidemiologici hanno evidenziato la correlazione fra il tumore all’esofago e il contatto con l’amianto. L’asbestosi, invece, non è un tumore, ma rappresenta una cicatrice indelebile nell’organismo di coloro che sono stati esposti al materiale. Si presenta con tosse, difficoltà respiratorie e scompensi cardiaci.
Il rischio amianto trentadue anni dopo.
Nonostante sia trascorso un trentennio dalla data che ha segnato la fine dell’ amianto in Italia, le diagnosi di tumore maligno sono in continuo aumento. Tale incremento deve essere ricondotto al fatto che il mesotelioma è una tipologia di tumore che può insorgere anche dopo anni. Dunque se una persona è entrato in contatto con il minerale nel 1990, potrebbe essersi ammalata nel 2020. E purtroppo sono ancora tante le persone che nel corso dei prossimi anni potrebbero ammalarsi. Va ricordato che nel corso dell’ultimo decennio sono decedute 60mila persona a causa di malattie asbesto correlate. Fra le regioni con maggior numero di vittime ci sono la Lombardia, il Piemonte, la Liguria e l’Emilia Romagna. Un dato così triste, però, non ha localizzazione geografica.
28 aprile: Giornata in memoria delle vittime di amianto.
Le vittime di amianto hanno tanti nomi e tanti volti, in ognuno di loro si può riconoscere l’attaccamento al lavoro, l’onesta e il desiderio di sopravvivere. L’aggressività del mesotelioma, tuttavia, non lascia scampo, e solo poche persone sono riuscite a guarire dalla malattia. Per onorare la loro memoria è stata istituita una giornata commemorativa. Il 28 aprile si celebra la Giornata in memoria delle vittime di amianto.
Lo scopo di tale ricorrenza non è solo di ricordare chi non c’è più, ma anche di avere più cura per il benessere della comunità. Sarebbe opportuno, infatti, ricordare che l’amianto potrebbe essere ancora presente in innumerevoli luoghi, e proprio per questo motivo sarebbero necessarie nuove bonifiche.
Ricordare ha poco senso se non si lotta per la salute e il benessere della comunità. Affinché il mondo possa essere un posto un po’ più sicuro occorre sempre far sentire la propria voce.