John Fitzgerald Kennedy: il Presidente Americano che sfidò il destino.
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Il 22 novembre 2023 saranno già passati 60 anni dall’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, il 35° presidente degli Stati Uniti d’America, ucciso a Dallas mentre era in visita ufficiale.
La sua morte prematura, avvenuta a soli 46 anni, ha segnato la storia e la memoria collettiva, lasciando un’eredità di ideali, speranze e interrogativi.
Chi era veramente JFK? Quali sono stati i suoi successi e i suoi fallimenti? Quali sono state le sue parole più celebri?
In questo articolo cerchiamo di tracciare un profilo dell’uomo e del politico che ha incarnato il sogno americano e ha affrontato le sfide della guerra fredda.
Un’infanzia privilegiata e una giovinezza eroica.
John Fitzgerald Kennedy nasce il 29 maggio 1917 a Brookline, nel Massachusetts, in una ricchissima famiglia di origine irlandese. È il secondo di nove figli di Joseph P. Kennedy, un potente uomo d’affari e politico, e di Rose Fitzgerald, figlia di un ex sindaco di Boston.
Fin da bambino, John mostra una grande curiosità e intelligenza, ma anche una salute cagionevole che lo costringe a frequenti ricoveri e operazioni. Frequenta le migliori scuole private e si laurea all’università di Harvard nel 1937, con una tesi sulla politica estera britannica. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, si arruola volontario nella marina e viene assegnato al comando di una motosilurante nel Pacifico.
Il 2 agosto 1943, la sua imbarcazione viene speronata da una nave giapponese e affonda. Kennedy, ferito alla schiena, riesce a salvare uno dei suoi uomini e a raggiungere un’isola, dove viene soccorso da alcuni abitanti locali. Per il suo coraggio, viene insignito della Navy and Marine Corps Medal e della Purple Heart. Finito il conflitto, torna a Boston e decide di intraprendere la carriera politica, seguendo le orme del padre e del fratello maggiore Joseph, morto in azione nel 1944.
Una rapida ascesa politica ed una famiglia da favola.
Nel 1946, John si candida alla Camera dei rappresentanti con il Partito democratico e vince il seggio, grazie anche al sostegno finanziario e mediatico del padre. Viene rieletto nel 1948 e nel 1950, distinguendosi per le sue posizioni anticomuniste e filoisraeliane.
Nel 1952, sfida il repubblicano Henry Cabot Lodge Jr. e si aggiudica un posto al Senato, dove si occupa soprattutto di questioni internazionali e di diritti civili. Nel 1953, sposa Jacqueline Bouvier, una giovane e bella giornalista, con cui avrà quattro figli: Caroline, John Jr., Patrick e Arabella (quest’ultima nata morta). La coppia diventa presto un’icona di stile e di glamour, attirando l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica.
Nel 1956, John si candida alla vicepresidenza, ma viene sconfitto alla convention democratica da Estes Kefauver. L’anno successivo, pubblica il suo primo libro, Profiles in Courage, una raccolta di biografie di senatori americani che si erano distinti per il loro coraggio politico.
Il libro gli vale il Premio Pulitzer per la biografia nel 1957. Nel 1960, John annuncia la sua decisione di concorrere alla presidenza, scegliendo come suo compagno di formula Lyndon B. Johnson, un senatore texano. Nella campagna elettorale, John si presenta come il candidato della “Nuova Frontiera”, un programma di riforme sociali, economiche e internazionali, basato sui valori della libertà, della democrazia e del progresso.
Affronta il suo avversario repubblicano, il vicepresidente uscente Richard Nixon, in una serie di dibattiti televisivi, nei quali dimostra la sua abilità oratoria e il suo carisma. Il 8 novembre 1960, vince le elezioni con un margine minimo di voti (49,7% contro 49,5%), diventando il primo presidente cattolico e il più giovane eletto nella storia degli Stati Uniti.
John Fitzgerald Kennedy, una presidenza tra crisi e conquiste.
John Fitzgerald Kennedy presta giuramento il 20 gennaio 1961, pronunciando un discorso inaugurale che resta nella storia per la sua forza e la sua eloquenza.
In esso, invita i suoi concittadini a non chiedere cosa possa fare il paese per loro, ma cosa possano fare loro per il paese, e afferma la sua volontà di cooperare con le altre nazioni per assicurare la pace e la libertà nel mondo. Il suo mandato, tuttavia, è segnato da una serie di crisi internazionali, dovute alla tensione tra le due superpotenze della guerra fredda, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.
La prima crisi scoppia nell’aprile del 1961, quando un gruppo di esuli cubani, sostenuti dalla CIA, tenta di invadere l’isola di Cuba, governata dal regime comunista di Fidel Castro.
L’operazione, nota come lo sbarco nella Baia dei Porci, fallisce miseramente, provocando l’umiliazione degli Stati Uniti e il rafforzamento dell’alleanza tra Cuba e l’URSS. Kennedy, che aveva ereditato il piano dall’amministrazione precedente, si assume la responsabilità del fallimento e promette di non ripetere simili errori.
La seconda crisi si verifica nell’agosto del 1961, quando il governo della Germania Est, alleato dell’URSS, inizia a costruire un muro che divide la città di Berlino in due parti, per impedire la fuga dei suoi cittadini verso la parte occidentale, controllata dagli Stati Uniti e dai loro alleati.
Il muro di Berlino diventa il simbolo della divisione dell’Europa e del mondo in due blocchi contrapposti. Kennedy, che considera Berlino una questione vitale per la sicurezza e la credibilità degli Stati Uniti, reagisce aumentando la spesa militare e inviando rinforzi nella zona. Tuttavia, evita di provocare uno scontro diretto con l’URSS, preferendo negoziare una soluzione pacifica.
La terza e più grave crisi si verifica nell’ottobre del 1962, quando gli Stati Uniti scoprono che l’URSS sta installando dei missili nucleari a Cuba, a poche miglia dalle loro coste. Si tratta di una minaccia intollerabile per la sicurezza nazionale e per l’equilibrio globale. Kennedy ordina il blocco navale dell’isola e chiede a Krusciov, il leader sovietico, di ritirare i missili.
Per tredici giorni, il mondo è sull’orlo di una guerra nucleare.
Alla fine, prevale la ragione e i due leader raggiungono un accordo: l’URSS smantella i missili a Cuba, in cambio del ritiro dei missili statunitensi dalla Turchia e della garanzia di non invasione di Cuba. La crisi dei missili di Cuba è considerata il momento più alto e drammatico della presidenza di Kennedy, che dimostra la sua fermezza e la sua saggezza nel gestire una situazione estremamente pericolosa.
Oltre alle crisi, la presidenza di Kennedy è caratterizzata anche da alcune conquiste, sia sul piano interno che su quello esterno.
Sul piano interno, Kennedy lancia una serie di iniziative per promuovere la crescita economica, la giustizia sociale e i diritti civili.
Tra queste, si ricordano la riduzione delle tasse, l’aumento del salario minimo, la creazione della Peace Corps, un corpo di volontari che opera nei paesi in via di sviluppo, la proposta di una legge per abolire la discriminazione razziale, la nomina del primo afroamericano, Thurgood Marshall, alla Corte Suprema, il sostegno al movimento per i diritti civili guidato da Martin Luther King, il quale tiene il suo famoso discorso “I have a dream” nel 1963.
Tuttavia, molte delle sue riforme incontrano l’opposizione del Congresso, a maggioranza repubblicana, e non vengono approvate prima della sua morte.
Sul piano esterno, Kennedy cerca di promuovere una politica di distensione con l’URSS, dopo la crisi dei missili di Cuba. Nel 1963, firma con Krusciov il Trattato di Mosca, che vieta i test nucleari nell’atmosfera, nello spazio e sott’acqua.
Inoltre, avvia un dialogo con i paesi del Terzo Mondo, in particolare con quelli dell’Africa e dell’Asia, appena usciti dal colonialismo. Tra i suoi gesti più significativi, c’è il riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese, con cui stabilisce dei contatti segreti, e il sostegno all’indipendenza dell’Algeria dalla Francia.
Infine, Kennedy si impegna a far vincere agli Stati Uniti la corsa allo spazio, lanciata dall’URSS con il lancio dello Sputnik nel 1957. Nel 1961, annuncia al Congresso il suo obiettivo di far sbarcare un uomo sulla Luna entro la fine del decennio. Nel 1962, l’astronauta John Glenn diventa il primo americano a orbitare attorno alla Terra.
JFK, un assassinio misterioso ed una leggenda immortale.
Il 22 novembre 1963, John Fitzgerald Kennedy si reca a Dallas, in Texas, per una visita ufficiale, accompagnato dalla moglie Jacqueline e dal vicepresidente Johnson.
Alle 12:30, mentre la sua auto scoperta percorre la Dealey Plaza, viene colpito da due proiettili, uno alla gola e uno alla testa. Muore pochi minuti dopo, all’ospedale Parkland. Il mondo intero resta sconvolto e addolorato dalla notizia.
Il suo corpo viene trasportato a Washington, dove viene esposto nella Rotonda del Campidoglio. Il 25 novembre, viene sepolto al cimitero nazionale di Arlington, accanto ai resti del figlio Patrick, morto due giorni dopo la nascita nell’agosto dello stesso anno.
Alla sua tomba, viene accesa una fiamma eterna, simbolo del suo spirito indomito.
Il presunto assassino di Kennedy, Lee Harvey Oswald, un ex marine simpatizzante del comunismo, viene arrestato lo stesso giorno, ma viene a sua volta ucciso due giorni dopo da Jack Ruby, un gestore di locali notturni. La commissione Warren, incaricata di indagare sull’omicidio, conclude nel 1964 che Oswald agì da solo, senza alcun complice o mandante.
Tuttavia, questa versione ufficiale non convince molti americani e molti studiosi, che avanzano diverse teorie alternative, coinvolgendo la CIA, il KGB, la mafia, il governo cubano, il governo vietnamita, il complesso militare-industriale, o addirittura il vicepresidente Johnson.
Il caso Kennedy rimane uno dei più grandi misteri irrisolti della storia contemporanea.
La figura di John Fitzgerald Kennedy, oltre che per la sua tragica fine, rimane nella memoria per il suo carisma, il suo stile, la sua visione.
È considerato uno dei presidenti più amati e ammirati dagli americani e da tutto il mondo.
Le sue parole, i suoi gesti, i suoi ideali, hanno ispirato generazioni di leader, di attivisti, di artisti, di cittadini. Tra le frasi più famose e di ispirazione pronunciate da JFK, si ricordano:
- “Non chiedetevi cosa il vostro paese possa fare per voi, chiedetevi cosa voi possiate fare per il vostro paese” (discorso inaugurale, 20 gennaio 1961)
- “E così, miei cari americani: non fatevi domande sul perché il comunismo sia in difficoltà. Chiedetevi perché la libertà sia in ascesa” (discorso all’Università di Washington, 16 novembre 1961)
- “Ich bin ein Berliner” (Sono un berlinese, discorso a Berlino Ovest, 26 giugno 1963)
- “Non negozieremo mai per paura. Ma non avremo mai paura di negoziare” (discorso sullo stato dell’Unione, 14 gennaio 1963)
- “Non possiamo fermare il progresso, né dobbiamo retrocedere. Dobbiamo essere i padroni del cambiamento, non le sue vittime” (discorso al Consiglio economico nazionale, 21 febbraio 1961)
- “L’ignoranza della storia ci condanna a ripeterla” (discorso alla Columbia University, 12 ottobre 1960)
- “Non possiamo negoziare con coloro che dicono ‘quello che è mio è mio e quello che è tuo è negoziabile'” (discorso alla American University, 10 giugno 1963)
- “La semplice verità è che non possiamo permetterci di essere poveri. Non possiamo permetterci di sprecare le nostre energie, le nostre risorse, i nostri talenti, in una guerra senza fine contro la miseria e la disperazione” (discorso al Congresso, 11 maggio 1961)
- “La nostra più grande forza è la forza del nostro esempio, non l’esempio della nostra forza” (discorso alla University of North Dakota, 25 settembre 1963)
- “Non cerchiamo di andare sulla Luna perché sia facile, ma perché sia difficile, perché questa sfida sia una che siamo disposti ad accettare, una che non siamo disposti a rimandare, e una che intendiamo vincere” (discorso all’Università di Rice, 12 settembre 1962).
Una curiosità tutta italiana su JFK.
Lo sapevate che c’è un libro scritto da un italiano sull’assassinio di Kennedy a Dallas che è introvabile e che è molto richiesto alle aste di libri usati?
Il titolo è Ecco chi ha ucciso John Kennedy di Diego Verdegiglio, uno studioso, attore e regista italiano che ha dedicato anni di ricerche e di interviste al caso del secolo.
Il libro, pubblicato nel 1998, è considerato il più completo e documentato mai scritto in Italia sulla vicenda di Dallas, nonostante la tesi appaia in controtendenza rispetto alla quasi totalità degli studiosi del caso.
Secondo Verdegiglio, infatti, il presidente fu ucciso dal solo Lee Harvey Oswald, senza alcun complice o mandante. L’autore supporta la sua tesi con una mole impressionante di documenti, prove, testimonianze, perizie, analisi scientifiche, pareri di esperti.
Il libro, come sopra riportato è ormai introvabile, essendo esaurito da tempo e non ristampato. Chi fosse interessato a leggerlo, può provare a cercarlo nei siti di vendita di libri usati o acquistarlo all’asta su Ebay dove ha raggiunto quota 250€.