Il Mistero della Torre – Omicidio nella notte per l’Ispettore Carli: intervista a Domenico Maselli
Domenico Maselli-scrittore-credits Domenico Maselli
Edito dalla Casa Editrice Jolly Roger – Novembre 2022.
In questo articolo la nostra intervista all’autore Domenico Maselli, ex sostituto Commissario della Polizia di Stato.
– Nella tua scrittura riesci a conciliare i temi della tua terra d’origine o prevalgano le “toscanità”?
Sono nato a Roma da genitori pugliesi in quanto all’epoca mio padre, appartenente all’Arma dei Carabinieri, prestava servizio presso la Stazione Carabinieri della Cecchignola, cittadella militare. All’età di 7 anni siamo rientrati in Puglia ad Acquaviva delle Fonti, paese natio dei miei genitori, un centro di 20.000 abitanti in provincia di Bari, ove ho trascorso gli anni spensierati della mia giovinezza. A 19 anni sono entrato nell’Esercito Italiano quale Ufficiale di complemento e al termine dei 15 mesi del servizio di prima nomina, nel maggio del 1979, mi sono arruolato nell’allora Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, ora Polizia di Stato, denominazione cambiata a seguito della riforma e della smilitarizzazione avvenuta nell’aprile del 1981.
Senza ombra di dubbio, nel mio libro prevale la “toscanità”, infatti la copertina e lo stesso titolo del romanzo “Il Mistero della Torre”, richiama immediatamente alla mente del lettore la città dalla torre pendente, una delle città più belle della Toscana.
Pisa è la città nella quale ho prestato servizio dal 1980 al 1982, prima del mio trasferimento alla Questura di Pistoia e successivamente al Commissariato di P.S. di Pescia, tre anni che mi hanno fatto amare sia la città che i suoi abitanti sotto tutti gli aspetti. La sua bellezza mi ha sempre affascinato, una città che ancora oggi è viva in me, tanto che ricordo luoghi e fatti accaduti quegli anni come fossero attuali. All’epoca non esisteva il navigatore per orientarsi nel traffico cittadino e quindi in poco tempo riuscii a conoscere la città perché lo stradario era impresso nella mia mente. È per questo motivo che nello scrivere il romanzo non ho avuta alcuna difficoltà a rievocare luoghi, vie e piazze.
Per ultimo, ma non per questo meno importante, è stato il voler ringraziare una città che mi ha ben accolto e che mi ha fatto sentire come fossi a casa mia, quando ero un giovane ragazzo che veniva catapultato in una nuova realtà. Non nascondo che ho cercato di ricordare nel romanzo la mia terra, la Puglia, e l’ho fatto con la storia. Ho indicato una via che non si trova né a Pisa né in altre città citate nel romanzo, via Francesco Supriani, in ricordo del primo sindaco repubblicano nella storia d’Italia, ucciso il 31 marzo del 1799 per difendere la città di Acquaviva, che aveva aderito alla Repubblica Napoletana e innalzato “l’Albero della Libertà”. In conclusione, possiamo dire che il mio romanzo è un poliziesco ambientato a Pisa con il sapore di Puglia.
-Pensi che il tuo libro sia adatto anche ad un pubblico di studenti? Perché?
Per rispondere a questa domanda vorrei sottolineare alcuni aspetti del romanzo, come la ricchezza di informazioni specifiche. Al di là della trama avvincente, ritengo che il libro insegni molto. Ad esempio, insegna ai lettori a essere cittadini più informati e quindi più consapevoli. Ho introdotto tutta la mia esperienza e competenza di sostituto Commissario della Polizia di Stato, attualmente in quiescenza. Il lettore sente che ciò che sta leggendo è veramente ciò che accade in quel mondo. Ne viene a conoscere la struttura organizzativa, le gerarchie, i tipi di intervento, le procedure burocratiche, i metodi di indagine ecc. Impara ad esempio come avviene un sopralluogo della Scientifica, come si esegue un’autopsia, quali sono i rapporti tra Procura e Questura, quali sono le tecnologie e le banche dati di cui si avvalgono gli investigatori, solo per citare alcuni esempi. Questa non è fiction, è un mondo estremamente reale, col quale, fra l’altro, ognuno di noi potrebbe avere a che fare per vari motivi.
Nel protagonista, il nostro Ispettore Carli, si nota:
- Assenza di arroganza: “Un comportamento sempre educato e rispettoso verso tutti, anche nei confronti del delinquente più incallito”.
- Esigenza di rigore investigativo: “Non si scherza con la libertà altrui!”.
- Attenzione e premura per i propri collaboratori: Ha cura dei suoi uomini, è vicino alle loro esigenze.
- Onestà e consapevolezza dei confini professionali: “La nostra è una partita a guardie e ladri. A me non piace barare. Quando si vince, si vince perché è giusto. Quando si perde, bisogna accettare di perdere e bisogna saper perdere”. “Non facciamo come i politici che emettono sentenze e si sostituiscono ai giudici, i giudici di conseguenza dicono la loro sui politici e così via. Ognuno ha un compito, cerchiamo di rispettarlo e di restare nelle nostre competenze”.
- Sentirsi cittadino tra cittadini. Il nostro protagonista “ha bisogno di stare con la gente, di sapere come la pensavano, come lo vedevano, come lo giudicavano. Sì, come lo giudicavano. Ha sempre ritenuto che il suo lavoro fosse sottoposto al giudizio dei cittadini. Se ti salutano, se si fermano a fare quattro chiacchiere, è evidente che trasmetti loro stima e fiducia. Se ti evitano, se si girano dall’altra parte, bisogna iniziare a farsi un esame di coscienza. Sapeva che non ero solo un poliziotto, era uno di loro, un cittadino che dava agli altri informazioni e consigli… “.
- Sensibilità umana, assenza di trionfalismo: Rimanere sempre se stessi. Se si raggiunge un risultato positivo vuol dire che abbiamo svolto bene il nostro lavoro, quello che dobbiamo fare quotidianamente al servizio della collettività, nel massimo rispetto dell’altrui persona. È la normalità del nostro lavoro, quello che dobbiamo svolgere senza pretendere riconoscimenti o onorificenze. Anche altri in settori diversi, cultura, medicina, scuola, ecc… ottengono risultati importanti per l’intera collettività senza che gli vengano attribuiti onorificenze o altri titoli.
Detto questo aggiungo altresì che non ho mai utilizzato parole scurrili o volgari nel romanzo, non sono queste che fanno di un libro una cosa speciale o accattivante anzi, a volte il lettore è disgustato dall’utilizzo di certe volgarità e non è certamente un insegnamento per le nuove generazioni. Il nostro protagonista, l’Ispettore Carli, è un rappresentante della legge che per primo utilizza il buon senso, rispetta le norme e con il cittadino instaura un rapporto di fiducia reciproco, quel rapporto necessario per una società fondata sul pieno rispetto del prossimo. Il poliziotto non è Superman. E’ una persona normale al servizio dei cittadini con i quali collabora per una società più sicura. Ho citato nel romanzo in forma semplice alcuni rapporti e funzioni operative del P.M. (Pubblico Ministero), del G.I.P. (Giudice delle indagini Preliminari) e della stessa Polizia pensando che già gli studenti del biennio delle scuole superiori, nelle loro lezioni di Diritto con i loro insegnanti, possono iniziare a comprendere cosa sia la “norma penale”, come si articola l’istituzione Polizia, la sua gerarchia, la Magistratura e le varie figure e funzioni dei (P.M. e G.I.P. – G.U.P.) e ai rapporti esistenti tra di loro. Quindi non solo lezioni di diritto statico, ma con la lettura di questo romanzo iniziare anche a conoscere sul campo i tre poteri dello Stato sotto la forma attiva.
-Quali sono i tuoi autori di riferimento, se ce ne sono?
Leggo maggiormente Camilleri e Carofiglio e anche altri autori. Credo che il mio modo di scrivere sia totalmente personale, senza influenza alcuna di altri scrittori. Non amo tratteggiare molto i paesaggi o i personaggi. Non mi dilungo in descrizioni a volte poetiche di un certo paesaggio, pur se ritengo che questo sia gradito da moltissimi lettori. Entro subito nella storia, prendo per mano il lettore e lo trasporto nell’indagine facendolo sentire protagonista, parte attiva nell’attività investigativa. Il poliziesco puro.
Per fare una battuta, vi dico che un lettore a fine lettura mi ha contattato confidandomi che il caso lo avrebbe risolto in altro modo. Questo mi ha portato a capire che il romanzo scorre nella lettura e porta il lettore a calarsi nelle vesti del protagonista ed era questo che volevo.
– Quali sono i principali insegnamenti che ricordi con piacere nella tua lunga carriera in polizia di stato?
Nei miei 40 anni di servizio nella Polizia di Stato ho avuto la fortuna di trovare sul mio percorso professionale, inizialmente colleghi più anziani che mi hanno insegnato il rispetto delle persone e delle norme, senza mai alterare le fonti di prove per raggiungere risultati positivi. Essere sempre se stessi e oltre al rispetto delle norme e la giusta applicazione, mai farne di queste un abuso.
Quello che ho ricevuto a mia volta l’ho trasmesso alle nuove generazioni con la massima disponibilità, nonché li ho ascoltati quando mi hanno fatto partecipe delle loro eventuali difficoltà che si venivano a creare al di fuori dell’attività lavorativa. Perché? Semplice! Se riesci a risolvere i problemi personali e familiari, sicuramente riuscirai a risolvere le problematiche che andrai a dover risolvere nei confronti degli altri nell’arco del tuo turno di servizio, sarai più sereno, più disponibile, più critico. Non si è solo poliziotti, si è anche assistenti sociali, padri, fratelli, bisogna sempre essere disponibili a saper ascoltare gli altri. Ho trasmesso loro l’applicazione del primo articolo di tutti i codici. “Il buon senso”.
-Un tema importante nel tuo libro è senz’altro quello che riguarda la coordinazione e collaborazione tra e con le forze di polizia. Puoi spiegarcelo?
La Legge 121 del 1981 sulla riforma della Polizia di Stato imponeva un coordinamento tra le forze di polizia che a distanza di parecchi anni dalla sua approvazione, a mio parere, non ha dato i risultati sperati.
Personalmente quel coordinamento ho iniziato a vederlo solo dopo trent’anni dalla sua approvazione e solo nelle indagini che vengono coordinate dalle D.D.A. (Direzione Distrettuale Antimafia) o D.N.A. (Direzione Nazionale Antimafia) per indagini di criminalità organizzata, essendo le stesse coordinate solo ed esclusivamente dall’Autorità Giudiziaria. Questa dispone in linea diretta senza alcuna ingerenza da parte di altre amministrazioni, delle D.I.A. (Direzione Investigativa Antimafia) reparto interforze composto da appartenenti dell’Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza e Polizia Penitenziaria, guidato a rotazione da Ufficiale o Funzionario delle varie Forze di Polizia che lo compongono e che non dipendono nell’attività investigativa dalle rispettive Amministrazione di appartenenza.
Nelle altre realtà il coordinamento vero e proprio è ancora lontano
– Progetti futuri nel campo letterario?
La mia prima opera letteraria non è stata solo un romanzo. Ho voluto dare un senso oltre alla storia. Il lettore doveva percepire quello che volevo trasmettergli e credo di esserci riuscito. Se continuerò a scrivere lo farò solo per due motivi: continuare a trasmettere al lettore le mie sensazioni, il mio pensiero, i miei punti di vista per una società migliore con l’intento di avvicinare sempre di più Forze dell’ordine e cittadini, con l’intento che tra loro si instauri una fiducia reciproca e duratura, in quanto solo così si può ottenere più sicurezza. L’altro motivo è che devo riuscire a scrivere una storia che ci faccia entusiasmare e che soddisfi nella lettura. Se riuscirò a unire questi due elementi scriverò un nuovo romanzo.
E, a dirla tutta, penso di avercela fatta! A presto!