Corea del Sud chiama Italia: Alberto Mondi, il ponte che unisce i due paesi
Alberto Mondi-credits AM
A settembre una delegazione italiana guidata dal ministro del turismo Daniela Santachè è arrivata in visita ufficiale a Seul, in Corea del Sud, per rinsaldare i rapporti di amicizia e le relazioni economiche, culturali e scientifiche tra i due paesi.
Ne parliamo con Alberto Mondi, originario di Mirano, ma che da sedici anni vive e lavora in Corea. Alberto vanta oltre 300.000 followers su Instagram, oltre 19000 su Twitter, ed è protagonista di programmi televisivi per la JTBC, il maggior network coreano. Partito dall’Italia con una laurea in lingua cinese conseguita a Ca’ Foscari, è poi passato a occasioni di stage e lavoro in Corea del Sud e non si è più fermato diventando una autentica celebrità.
Abbiamo l’occasione di ascoltarlo in una intervista a cuore aperto. Un uomo che ha esportato i valori della famiglia e del lavoro. Un esempio per tanti giovani e la dimostrazione vivente che si possono affrontare con coraggio le ambizioni lavorative e le sfide della vita. Il successo non arriva per caso bisogna meritarselo ed è importante non dimenticare mai da dove si viene, chi sono gli amici e mettere sempre, sempre, al primo posto, gli affetti.
Questa la sua ricetta per il successo.
Alberto la tua carriera è stata fulminante, non si contano le soddisfazioni in campo lavorativo e personale e i riconoscimenti di alto livello che hai ricevuto. Alla soglia dei quarant’anni è presto per fare un bilancio della tua vita?
Sicuramente facciamo tutti dei bilanci e tutti quanti siamo felici più o meno delle scelte fatte. Non ho tanti rimpianti. Ne ho per alcune cose che non sono riuscito a fare. Però nel complesso posso fare un bilancio molto positivo perché a vent’anni la mia più grande paura era vivere una vita mediocre e così non è stato. Questo era il mio primo incubo. Volevo invece realizzarmi in una vita stimolante, non programmata, volevo uscire dalla realtà della piccola provincia. Mi sembra di essere riuscito a sconfiggere questo timore.
Un’altra cosa di cui sono felice è di aver passato la prima parte della mia vita in Italia. Ho vissuto in provincia a contatto con la bellezza e la natura e con un sistema scolastico che, ha tanti difetti, ma che insegna molto dal punto di vista umanistico. Mi sono nutrito di filosofia, di dialoghi, di letteratura, e di continui confronti con i professori e con i compagni.
Dopo quel periodo, però, sono contento di essere venuto in Asia, fra Cina e Corea del Sud, in un contesto completamente diverso, dove tutto è stato frenetico e non c’è stato posto per le chiacchiere da bar a cui prima mi ero concesso con la leggerezza della mia adolescenza. Qui questa dinamicità mi è piaciuta subito. Ho avuto modo di conoscere tantissime persone, di fare tanta esperienza e quindi di metter in pratica la mia formazione che era fatta di amici, di cultura italiana e di bellezza.
Sono contento di avere una bella famiglia, che per me è importantissimo, e sono felice del mio lavoro che mi consente ancora di imparare mentre lavoro e di farlo divertendomi ogni giorno.
Riesci a conciliare la tua vita lavorativa, piena di impegni, con i doveri e i piaceri della famiglia?
Riesco a conciliare gli impegni lavoro e famiglia perché mi impongo delle priorità. E per me la priorità è passare del tempo con i miei bambini e con mia moglie perché sono una gioia. La seconda è fare bene il mio lavoro. Quindi mi sforzo per conciliare tutto. A volte devo fare dei tagli su me stesso: palestra, bici, uscite, ma comunque ce la faccio. Non si parla poi di guardare la televisione…purtroppo gli dedico pochissimi minuti…nonostante la faccia anche io!
Come è vivere a Seul nella quotidianità? Come sono i cittadini coreani nei confronti dei turisti stranieri?
Per parlare di Seul in dettaglio non basterebbero delle ore. Posso dire che è una metropoli gigantesca, molto ben organizzata, molto sicura e pulita. Ha un traffico che è ragionevole, visti i 10milioni di persone che ospita di notte e i 20milioni di giorno. Le metropolitane sono tantissime. I Mezzi pubblici e I taxi sono presenti in modo consistente e rendono abbastanza agevole la viabilità. Una cosa che la contraddistingue è anche la presenza di tanti quartieri diversi: per i giovani, per gli artisti, per gli stranieri, per le famiglie, quartieri storici, quartieri della finanza e dell’economia.
È una metropoli molto interessante e vale sicuramente la pena visitarla. Ovviamente bisogna staccarsi dal concetto di città d’arte come lo intendiamo noi in Italia,
I coreani sono molto disponibili ai turisti, cortesi, gentili. Anche le impressioni degli stranieri mettono in risalto la gentilezza dell’accoglienza ricevuta. In linea di massima posso dire con certezza che il popolo coreano è molto caloroso con tutti.
Sicuramente sei rimasto a Seul per le opportunità di carriera lavorativa, e per il tuo interesse per il mondo asiatico in genere, ma mi chiedevo quanto avesse influiti…l’amore. O mi sbaglio?
Non ti sbagli. All’inizio sono rimasto in Corea del Sud solo per amore. Grazie e per colpa di mia moglie. Avevo 23 anni. Era un gran bel periodo. Poi senza rendermene conto sono passati 17 anni e le cose sono accadute …il lavoro…il successo. Ho fatto un tirocinio in ambasciata, e ancora prima in un istituto di finanza pubblica coreano. Poi sono approdato alla multinazionale SabMiller dove ho lanciato per loro il brand nastro azzurro. Poi ho lavorato in Fiat Chrysler. Tutti lavori di livello e molto interessanti e con grandi responsabilità. A 27 anni ero l’unico responsabile del brand Nastro azzurro Italia in Corea. Una responsabilità, che così giovane, nessuno mi avrebbe dato in Italia. E con un ottimo stipendio. Quindi, complici le condizioni lavorative che erano molto interessanti e la vita che si prospettava varia e divertente, assieme agli affetti personali, è successo che restassi in Corea.
I tuoi figli come vivono la loro doppia origine? Sicuramente è e sarà nella loro vita un plus. Ma riuscirai a fargli amare anche l’Italia?
Con i miei bambini, Leonardo e Chiara, io e mia moglie siamo stati schietti. In casa cerchiamo di parlare con loro in italiano, gli facciamo vedere i cartoni in italiano. Succede che io parli loro in italiano e che loro mi rispondano in coreano. Fuori da casa, con amici o quando sono in Italia, invece, rispondono in italiano. Passiamo in Italia almeno un mese l’anno e quando sono lì imparano tantissimo.
Riuscire a fargli amare l’Italia e fargli conoscere le loro radici è il mio obiettivo. Per ora si basa sui primi approcci con la lingua e poi magari negli anni successivi cercheremo delle occasioni di studio in Italia e poi vorremmo che trascorressero del tempo con la loro famiglia italiana. Vorrei veramente che si immergessero nella nostra ‘bellezza’ per assaporarla e amarla fino in fondo. Chiara è ancora piccolina ma Leonardo vive bene questa situazione. Al parco gli chiedono se è straniero e lui risponde…no, no sono coreano! Oppure dice sono mezzo e mezzo! Comunque tutti e due sono tranquilli.
Quali sono i tuoi piatti culinari preferiti in Corea del Sud e quali in Italia?
Sono un amante della cucina. Per parlare dei miei piatti preferiti ci vorrebbero delle ore. Brevemente posso dire che dei piatti italiani, essendo un amante del pesce, nella mia lista TOP c’è il baccalà mantecato alla vicentina o in umido o alla livornese, i frutti di mare, i calamari ripieni e tutti i piatti di pesce alla veneziana. In Corea adoro le zuppe di anatra e l’anatra ripiena di riso, castagne, giuggiole e frutta secca. Poi il Dagkalbi che è in piatto tipico di Chuncheon, il paese di cui è originaria mia moglie. Si tratta di delizioso pollo saltato su piastra con verza e patate dolci, torte di riso chiamate’ tok’, cipolla e insalata con una salsa piccante. Veramente squisito. È mangiato facendo degli involtini con le foglie dell’insalata, cipolla e aglio e la salsa e riempiti con il pollo.
La cucina coreana come quella italiana è così vasta e varia che per parlare dei piatti che ho provato e apprezzato ci vorrebbero pagine e pagine…!
È un paese con un territorio e una cultura molto differente dall’Italia; eppure, gli italiani amano moltissimo tutto ciò che la cultura coreana produce: K pop, K drama, il cibo, la lingua. Soprattutto fra giovani e giovanissimi. Come lo spieghi?
La cultura pop coreana è amata dai giovanissimi in tutto il mondo. Il successo si spiega anche con i forti investimenti nella cultura pop di massa già dagli novanta per aumentare il soft power della Corea del Sud. La Corea del Sud ha investito nella musica, nel cinema, nella produzione di drama, con grossi aiuti da parte del governo alle aziende. E poi i coreani hanno una mentalità lavorativa davvero incredibile. Perché, se parliamo degli IDOL pensiamo che sono tutti ragazzini che vogliono diventare cantanti, gli viene fatto scouting e poi hanno davanti anni di duri allenamenti dove imparano a ballare a cantare a essere performer, a produrre musica. Intorno ai vent’anni sono pronti. E la maggior parte non ce la fa, quindi quelli che ci riescono a debuttare sono veramente il TOP del genere. Idem per i programmi televisivi. Io vedo ogni giorno i produttori e le scrittrici che sono giovani pieni di idee e di energia, lavorano giorno e notte. E anche chi fa tv come me lavora davvero tanto. Idem per i K drama. C’è quindi una forza lavoro giovane, che si impegna molto, che ha voglia di fare, si impegna. Dall’altra c’è un disegno a lungo temine governativo. Le due cose si sono incontrate e i risultati sono evidenti: un grande successo non solo in Corea ma direi planetario.
Pensiamo ad esempio al grande successo dei BTS, delle Blackpink, e adesso delle Newjeans, dei K drama, di Squid Game e Parasite tra i film, di Minari film americano con attori coreani. Una cultura di massa che piace alle masse. Nei film ci sono anche film di livello destinato ad un pubblico più selezionato. Per quanto riguarda il K pop sono stati bravissimi a creare un ottimo prodotto che coinvolge i giovanissimi ma piace anche ad età più mature.
Di recente la nostra Ministro del turismo, la senatrice Daniela Santachè, con esponenti del nostro turismo e altri imprenditori, è venuta in Corea del Sud per rinsaldare i rapporti fra i due paesi e per aumentare il turismo dei coreani in Italia, con l’idea di sfruttare il nostro bellissimo territorio come set di serie tv e film. Pensi che si realizzerà?
Sono stato felice dell’arrivo della Senatrice Santachè con una forte delegazione. Nei nove anni che ho fatto tv ho lottato moltissimo per spiegare e promuovere l’Italia. Ci sono moltissimi pregiudizi nei confronti dell’Italia. Per esempio, conoscevano solo le città principali: Firenze Roma e Milano. Molti non conoscevano neppure Venezia. Ho cercato in questi anni di parlare di tutta l’Italia, attraverso you tube e con le interviste e attraverso la trasmissione televisiva. I coreani pensavano ad esempio che le Alpi fossero solo in Svizzera. Ho dovuto spiegare che la maggior parte delle catene alpine sono in Italia. Ho fatto un grande promozione sulle Dolomiti, un territorio che conosco molto bene. Ma anche riguardo al cibo. Conoscevano solo pizza e pasta. La nazione del pane, dei dolci e del vino per loro era la Francia. Ho fatto davvero delle lotte, in tv, per far conoscere la nostra varietà enogastronomica.
Per parlare dei luoghi in Italia sono riuscito a portare, per alcune trasmissioni, le troupe ad esempio alle Terme di Saturnia, e sulle Dolomiti, a Pienza in Val d’Orcia, a Bassano, a Venezia, a Padova. Si è visto una risposta incredibile.
E questi sono solo programmi televisivi. Si è visto che i drama girati all’estero hanno avuto un successo dieci volte superiore. Mi dava fastidio vedere la Croazia e la Svizzera che investivano per avere dei drama girati nel loro territorio. Loro fanno benissimo a promuoversi, ma anche l’Italia dovrebbe entrare in questo settore e investire per diventare un fantastico palcoscenico per programmi televisivi e per i drama coreani, che sono molto forti in tutta l’Asia. Tutto questo potrebbe portare un aumento del turismo asiatico in generale e anche un turismo più intelligente.
È stato per me un vero sollievo vedere la delegazione italiana qui in Corea del Sud. Si può fare tanto.
Sappiamo che ti stai impegnando anche sul fronte dell’economia sostenibile con delle start up innovative.
La nostra è una piccola azienda di saponi, e prodotti per l’igiene personale. Usiamo nella produzione una tecnica in cui i prodotti si fanno riposare per 45 giorni a basse temperature e non usiamo prodotti chimici ma solo sostanze naturali. I prodotti vengono impacchettati con carta riciclabile e biodegradabile al 100%. La produzione è affidata a ragazzi disabili. La mia è stata una voglia di investimento ma soprattutto quella di dare indietro alla società quanto ho ricevuto negli anni.
Penso anche che le piccole azioni dei singoli siano positive ma per avere grandi cambiamenti devono agire le grandi aziende. Dobbiamo vivere in modo sostenibile ma dobbiamo fare anche pressione sulle istituzioni, sulle multinazionali.
Oramai sei un personaggio televisivo di successo in Corea, si un influencer con centinaia di migliaia di visualizzazioni e contatti, la gente ti ferma per strada. C’è qualcosa che non hai ancora sperimentato e sogni di fare?
Il successo per me è arrivato per caso. Fa molto piacere, a tutti noi fa piacere essere lodati e riconosciuti per strada. Ma con il successo arrivano anche grandi limiti e grandi responsabilità. Non spetta a me affrontare questo argomento ci sono personaggi ben più famosi che possono trattare la questione meglio di quanto possa spiegare io.
Ci sono ancora tantissime cose che devo sperimentare. Vorrei ancora viaggiare: Usa, America latina, Europa, Africa. E poi dal punto lavorativo non lo so ancora. Mi piacerebbe fare televisione in una lingua più facile e naturale per me, come ad esempio in italiano, e lavorare anche in radio. Uno dei miei obiettivi è quello di essere un ponte tra due culture, quella di fare mediazione culturale, per togliere i pregiudizi, raccontare la verità dei due paesi, senza giudizi, senza generalizzare. E’ una cosa che sto già facendo e che sicuramente voglio continuare anche nel futuro.