Andata e ritorno con Luca Massimo Barbero sul treno dell’arte contemporanea del ‘900
Luca Massimo Barbero- '900 talks-una scultura inattesa
Luca Massimo Barbero si concede alla platea pomeridiana nella grande Sala del Palazzo de’ Rossi per la Fondazione Caripit sabato 18 novembre.
A colloquiare con lui Monica Preti, direttrice de Fondazione Pistoia Musei.
Lo spunto per questo gustoso talk sull’arte contemporanea è la mostra” Una collezione inattesa” esposta alle Gallerie d’Italia di Milano curata da Barbero e appena terminata; un colloquio di altissimo livello, dunque, per riflettere sul ruolo della scultura nell’arte contemporanea da Marino Marini agli autori presenti in collezione.
Luca Massimo Barbero, nato a Torino, classe 63, storico e critico d’arte moderna e contemporanea, è Direttore dell’Istituto di Storia dell’arte della Fondazione Giorgio Cini di Venezia e consulente scientifico della Fondazione Lucio Fontana.
È autore di numerose pubblicazioni ed esposizioni sull’arte del secondo Dopoguerra italiano. È curatore associato della Collezione Peggy Guggenheim. Ha ricoperto incarichi didattici presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, la Scuola Superiore Holden e l’Accademia di Belle Arti di Perugia.
Consulente di eventi artistici, Luca Massimo Barbero ha curato importanti mostre e cataloghi di artisti contemporanei del secondo Dopoguerra italiano quali Fontana, De Pisis, De Chirico, Savinio, Bonalumi, oggi è anche un potente e brillante influencer tra gli storici e di critici d’arte.
È una figura istituzionale e al tempo stesso carismatica e di altissimo spessore. Una importante occasione, dunque, per partecipare, ascoltandolo, al suo viaggio nell’arte, un viaggio con un treno speciale, appassionato, su cui tutti, intenditori, neofiti, o solo curiosi, possono salire.
Monica Preti sottolinea subito la notizia della donazione del suo archivio personale alla Biennale di Venezia. Con grande semplicità Barbero conferma che la sua volontà era che fosse a disposizione di tutti, e in questo modo farlo continuare a vivere.
Il suo amore per le Pomone di Marino Marini nasce da lontano. Racconta a questo proposito un episodio, quando al Peggy Guggenheim di Venezia gli chiesero cosa mancasse al loro straordinario museo e lui rispose “mi piacerebbe ci fosse una Pomona in bronzo del 1945 di Marino Marini da collocare nello splendido giardino del museo”. E così fu.
Invece la Pomona di Marino esposta alle Gallerie d’Italia nella Collezione inattesa è una Pomona del 1945 ma di pietra. Recentemente restaurata e tornata in piena luce.
“È una scultura che ha un rapporto speciale con la luce” rivela il critico Barbero, rivelando come nella scultura osservandola accuratamente nei segni, come Marino Marini fosse anche un abile disegnatore e incisore. “A colloquiare con la scultura ho posizionato un dipinto, sempre di Marino. La Pomona sembra che guardi Marino mentre dipinge il quadro…”.
Si resta ammaliati dalle parole di Barbero, scorrono le immagini sullo schermo, con il rammarico di non essere riusciti a vederla a Milano.
Continua lo storico a parlare a ruota libera e svela di come è nato il suo interesse per Marino.
“Studiavo negli USA, erano gli anni ottanta, e mi imbattei in due opere di Marino a New York…ne fui folgorato: Marino era la scultura italiana nel mondo”.
Torna poi con le diapositive alla Pomona esposta a Milano e la spiega con una dolcezza delicata:” Osservate la Pomona…osservate la mano destra, sembra che le manchi un dito, è una mano squadrata, mentre invece la sinistra è nascosta dietro la schiena. Una sinuosa divinità che danza senza muoversi…”.
E con queste parole l’arte diventa pura poesia.
Nel percorso della mostra di Milano cosa tira i fili della lettura di questo Novecento? Chiede ancora Monica Preti.
Luca Massimo Barbero premette che chi fa il suo mestiere e dice di non essere vanitoso mente spudoratamente! Da questa vanità si parte per fare delle mostre eclatanti che però non devono solo stupire, ma devono costituire un nuovo studio. Poi aggiunge “Ci stanno insegnando che l’arte è stupore, oppure è andare contro”. E spiega che fondamentale è il concetto che è l’arte che si evolve, che va avanti.
Cosicché nella Una collezione inattesa usando solo opere possedute da Intesa San Paolo, un patrimonio immenso, Luca Massimo Barbero ha inserito i pezzi di Lucio Fontana, dei piatti di ceramica grandi barocchi, che splendono nello spazio volutamente nero, buio, come lune, e le sculture spaziali di Bruno Toffoli. E non solo. Ecco anche Le Kore e i vasi di Melotti.
Come nascono questi dialoghi tra autori diversi? Sono molteplici. Un esempio: Melotti e Fontana hanno avuto lo stesso maestro, il grande Adolf Wildt.
Ma la collezione non finisce qui, ci sono ancora meravigliosi ‘inciampi’ come Barbero adora chiamarli, e così appaiono in esposizione, Il girasole di Legér Fernand, e la Donna paesaggio’ di Hans Peter Wilhelm “Jean” Arp, e i tre cubi di LeWitt Sol. E tanto altro.
Il tempo corre e la conferenza volge al termine, un ultimo passaggio di domande ad un Barbero particolarmente rilassato e ispirato.
Luca puoi parlarci del pubblico delle mostre? Lo sfida la direttrice Preti.
Barbero parla di un pubblico tendente a partecipare alle mostre per riconoscere e non per visitare. Secondo lui invece le mostre e le collezioni sono fatte per conoscere, visitare, guardare, scoprire, studiare.
“Io le mostre le faccio innanzitutto per me, come piacciono a me, ma le dedico a tutti, e prendo spunto soprattutto dai giovani, perché i giovani non finiscono mai” e continua Luca Barbero spiegando che alle sue lezioni cerca di incuriosire gli studenti e quando su di una platea di trenta giovani almeno due o tre mostrano curiosità allora vuol dire che il suo insegnamento è arrivato. E questo vale anche per le mostre ed è la missione per dei curatori ‘ispirati’.
“Mi mischio spesso al pubblico e mi metto ad osservare le persone, a come si muovono nella mostra. Sono fonte di insegnamento e di ispirazione per i lavori successivi o per effettuare delle correzioni. C’è bisogno di ritrovare la nostra fisicità. Questo mondo di social, di virtuale, ci fa perdere la cognizione del nostro corpo, del suo movimento, dello spazio che occupa”.
Barbero conclude la conferenza con una perla che ci consegna così come l’ultima scintilla che ha una ora d’aria per dei reclusi: ”La mostra è anche una festa. Il pubblico deve uscire e dire ‘ Però…Bella! Quasi, quasi voglio rivederla…”.