Unione Europea, ecco le 19 Big Tech sorvegliate speciali
4 mesi per adeguarsi su disinformazione, profilazione, tutela dei minori. Le Big Tech sorvegliate speciali da UE e Londra. Previste multe ed interdizione.
Commissione Europea, Bruxelles. Photocredit Dimitris Vetsikas da Pixabay
Thierry Breton, commissario europeo per il Mercato Interno, ha annunciato che saranno almeno 19 le Big Tech sorvegliate dalla Unione Europea. Entro il 25 agosto dovranno allinearsi ai parametri di trasparenza e affidabilità imposti dagli standard comunitari, pena l’esclusione dai mercati digitali della UE.
Breton: “Da grandi dimensioni derivano grandi responsabilità”
L’elenco delle Big Tech sorvegliate, rappresenta decisamente il gotha del settore ed è proprio per questo che su di loro si è concentrata la lente di ingrandimento: “Dovranno cambiare i loro comportamenti – ha dichiarato Breton – se vorranno continuare a operare in Europa”.
L’elenco degli indisciplinati
Così l’Unione Europea ha deciso di passare al microscopio le policy di AliExpress, Amazon Store, AppStore, Bing, Booking, Facebook, Google Maps, Google Play, Google Search, Google Shopping, Instagram, LinkedIn, Pinterest, Snapchat, TikTok, Twitter, Wikipedia, YouTube, e Zalando.
In comune, i 19 colossi del web hanno il volume minimo di utenti online, calcolati per mese: si tratta di una popolazione digitale composta da almeno 45 milioni di frequentatori per ogni piattaforma. Entro i prossimi 4 mesi, quindi, le major dovranno trovare il modo di allinearsi agli standard europei, soprattutto per quel che riguardi la protezione dei dati personali – con particolare attenzione ai minori – la prevenzione dei rischi sistemici e la moderazione dei contenuti.
Breton, però, fa intendere che la lista potrebbe anche allungarsi, nelle prossime settimane, con altri 4 o 5 piattaforme sui quali la Ue prenderà una decisione nei giorni a venire.
Secondo il sito Euractiv, infatti, altri titani digitali si sarebbero limitate a dichiarare di non raggiungere la soglia minima di utenti fissata per stilare la classifica, senza specificarne, però, il numero esatto: sarebbe il caso di Spotify e Uber. E anche la piattaforma di videosharing per adulti, Pornhub, potrebbe finire nel mirino dell’ authority dell’Unione Europea per aver dichiarato cifre ritenute poco attendibili, nel merito della quantità dei propri contatti/mese.
Tra le Big Tech sorvegliate speciali Twitter, ByteDance e Meta sono ai primi posti
E’ Twitter il sorvegliato più speciale, quello al quale Bruxelles chiederà un sforzo non da poco per adeguarsi alle regole del DSA. Su richiesta di Breton, sempre secondo Euractiv, il social di patron Musk dovrà – a fine giugno – condurre uno stress test presso la propria sede di San Francisco. Per intanto, ritorna la spunta blu per gli utenti VIP.
A far compagnia a Twitter, nella classifica stilata da Breton, in base alla diffidenza, vi sarebbe anche ByteDance (cui fa capo TikTok) e le innovazioni che la stessa sta introducendo. Anche Meta sarebbe oggetto di attenzioni più che particolari: l’Unione Europea sarebbe, infatti, preoccupata per il sistema di moderazione dei contenuti di Facebook e per il ruolo giocato dal social in alcuni paesi europei nella crisi russo-ucraina.
Imperativo conformarsi al DSA, ma cos’è e a cosa serve?
A tutte le piattaforme in questione sarà richiesto di rispettare gli standard del DSA (Digital Services Act, ndr), ovvero il regolamento elaborato dalla Ue per mettere un punto sull’anarchia imperante e su regole poco chiare e facilmente aggirabili.
In confronto a questo, il blocco temporaneo di chatGPT, imposto dal Garante della Privacy italiano, sembra acqua fresca.
Le tavole della legge cui attenersi sono contenute nel già citato Digital Services Act, ovvero il regolamento vigente dal novembre 2022 sui servizi digitali, approvato dal parlamento Europeo insieme al Digital Markets Act (Dma, ndr): insieme, i due provvedimenti danno vita al DSP (Digital Service Package, ndr), un macro contenitore di norme per ridefinire le regole del mondo digitale.
La filosofia alla base regolamento è piuttosto semplice da sintetizzare: “quello che è illegale offline dovrebbe essere illegale anche online”; quanto alla platea cui si rivolge, il DSA interessa tutti i servizi del web che mettono in relazione gli utenti con beni, servizi e contenuti.
Le eccezioni alla regola, però, ci sono eccome: le piattaforme con un volume di frequentatori inferiori ai 45 milioni di utenti mensili non sono tenute ad osservare pedissequamente le norme previste dal DSA e, per qualcuna, potrebbero anche profilarsi esenzioni.
Nato per limitare la diffusione via web di contenuti e prodotti illegali, il regolamento si prefigge di tutelare gli utenti con informazioni più attendibili ed una maggiore facoltà di scelta.
Cosa si chiede alle Big Tech
In pratica alle Big Tech si chiede, in primis, di introdurre sistemi di segnalazione dei contenuti illegali, da vagliare e rimuovere con immediatezza.
Vietata, di fatto, la profilazione degli utenti, perché non potranno più essere visualizzati annunci basati su dati sensibili – etnia ed orientamento politico, religioso e sessuale.
Per non parlare di privacy e sicurezza: i sistemi fin qui adottati non soddisfano i paletti previsti nel DSA, soprattutto per la protezione destinata ai minori. La richiesta è di riprogettare i propri standard, in modo che possano si possano effettuare anche speciali valutazioni di rischio per possibili effetti negativi sulla loro salute mentale.
Anche nel merito del contrasto alla disinformazione, l’Unione Europea chiede un ruolo più attivo.
Per chi violerà del regole sono previste sanzioni fino al 6% del fatturato annuo (cifre comunque a 9 zeri) e, in caso di reiterazione, il divieto di operare in territorio europeo.
Anche Londra sul piede di guerra contro lo strapotere dei giganti del web
Sensibile alla medesima questione anche il governo di Londra, che aumenta i poteri conferiti alla propria authority Antitrust: le Big Tech sorvegliate dal Regno Unito sono quelle con ricavi annuali pari ad almeno 25 miliardi di sterline, ovvero più o meno 28 miliardi di euro.
Per il ministro britannico Kevin Hollinrake, gli utenti del web sono esposti ad “Abuso di potere da parte dei big della tecnologia, false recensioni, truffe ed abbonamenti trappola. I consumatori – ha concluso il ministro – meritano di meglio”.
E’ prevista, infatti, la creazione di una nuova divisione nella Cma (Competition and Markets Authority, ndr), l’antitrust britannica, che avrà il potere di indagare su acquisizioni ritenute poco trasparenti e, se necessario, stopparle tempestivamente, così come potrà sanzionare, con multe miliardarie tutte, le major del web considerate responsabili di abusi sulle regole per la concorrenza.
Ovviamente saranno i colossi quelli che saranno vivisezionati per primi: già in corso, è un’indagine su Activision Blizzard e nel mirino della Cma sono finite anche Microsoft, con Amazon, per posizioni dominanti nel cloud: quasi il 70% del mercato britannico è appannaggio di Amazon Web Services (Aws) e di Azure di Microsoft.