Cosa accadrà al Bitcoin una volta estratti i 21 milioni di token previsti?
Credits Bitcoin Value
Come è ormai noto agli esperti e agli appassionati di criptovalute, l’offerta complessiva di Bitcoin è stata fissata a 21 milioni di coin. In pratica, quindi, una volta coniata questa quantità non ne verranno più estratti.
Al 29 gennaio 2023 ne sono stati estratti precisamente 19.276.325 e ne restano “soltanto” 1.723.675 da coniare. Se qualcuno a questo punto pensa trattarsi di un evento ormai prossimo, occorre però specificare che non è esattamente così. Anzi, la data prevista per l’emissione dell’ultimo token è il 2140, quindi tra oltre un secolo.
A questo punto, la domanda che si pongono in molti è la seguente. cosa accadrà a Bitcoin una volta che sarà stato raggiunto il limite previsto?
I dubbi di Jamie Dimon
La domanda che abbiamo appena posto è tornata d’attualità a seguito dell’ennesima dichiarazione di Jamie Dimon sull’icona crypto attribuita a Satoshi Nakamoto. Per chi non lo sapesse, si tratta dell’amministratore delegato di JPMorgan Chase, una delle maggiori banche d’affari statunitensi (e mondiali), già in passato distintosi per i virulenti attacchi contro gli asset virtuali e, in particolare, contro BTC.
È stato lui, pochi giorni fa, a riaprire le ostilità affermando che nessuno può realmente garantire che una volta toccati i 21 milioni di esemplari la rete di Bitcoin smetterà di produrne. Lo ha fatto in modo molto colorito, come è suo solito, affermando: “Come sapete che Bitcoin si fermerà a 21 milioni? Forse si arriverà a 21 milioni e comparirà una foto di Satoshi che vi deriderà.”
Se lo stile è come al solito provocatorio, la domanda non è però priva di significato. In effetti il codice di Bitcoin stabilisce l’hard cap a quota 21 milioni di monete, ma potrebbe essere tranquillamente e facilmente modificato. La questione, quindi, è che un limite c’è, ma potrebbe essere aggirato. La nuova domanda che ne consegue è quindi la seguente: conviene modificare il limite dei 21 milioni?
No, non conviene andare oltre il limite
La risposta a questo nuovo quesito sembra essere abbastanza netta: no, non conviene modificare il limite dei 21 milioni di BTC estratti. Il motivo di questa risposta è da ricercare nel fatto che l’estrazione dei blocchi per la catena di Bitcoin comporta una ricompensa. Al momento, per ogni moneta virtuale estratta i miners ne ricavano 6,25 in cambio.
Con il prossimo halving, previsto per il prossimo anno, tale ricompensa si dimezzerà ulteriormente. Di halving in halving, così si chiama il processo di dimezzamento in questione, quando sarà estratto l’ultimo token previsto non ci saranno più ricompense per questa operazione. Non ci sarà cioè convenienza a fare il mining, che notoriamente comporta l’utilizzo di dispositivi molto costosi per i complessi calcoli che caratterizzano il Proof-of-Work, l’algoritmo di consenso utilizzato. L’unica convenienza sarà nel partecipare alle transazioni sulla blockchain, per le quali non sarà però prevista la ricompensa finale.
A questo punto, come abbiamo già ricordato, qualcuno potrebbe pensare di aggirare il blocco intervenendo sul codice. Si tratterebbe però di un vero e proprio harakiri, proprio alla luce del funzionamento dei mercati finanziari. L’esempio chiave per capirlo è quello rappresentato dall’oro: il suo prezzo si avvale anche del fatto che si tratta di un bene finito. Si prevede che coi ritmi estrattivi attuali entro una decina d’anni o poco più il minerale sarà praticamente esaurito. Se si verificasse all’improvviso il rinvenimento di nuovi giacimenti e in gran numero, il suo prezzo crollerebbe in breve tempo.
La stessa cosa accadrebbe a BTC, ove si aprissero nuovi giacimenti portando l’hard cap a un livello più alto. I token già estratti e circolanti verrebbero a perdere buona parte del suo valore. Quindi, andare oltre quota 21 milioni di token non conviene.