Crypto-winter: il principio della fine o la fine del principio?
Numeri terrificanti dal mondo delle criptovalute: Bitcoin perde il 75%, Ftx collassa. Bruciati 2 miliardi di dollari in un anno. E’ arrivato il crypto-winter
il crypto-winter travolge tutte le valute. Photocredit WorldSpectrum da Pixabay
Lo chiamano così, gli addetti ai lavori: ‘crypto-winter’, la stagione invernale delle criptovalute, quella dove chi può va in letargo e chi non può soccombe alle intemperie violente del tempo. E non sembra che il clima sia intenzionato a cambiare.
Era poco più di un anno fa, novembre 2021, quanto il Bitcoin schizzava al valore di 60 mila dollari, con un picco raggiunto, nel corso delle transazioni giornaliere del 10 novembre, a oltre 68 mila dollari. Sembra passato un secolo. Per i molti ottimisti, è solo la fine del boom iniziale, un principio, quindi, di prosperità più stabile anche se, magari, meno performante, come si legge in questo articolo.
Per tutti gli altri, e sono tutt’altro che pochi, è soltanto l’inizio della fine.
E’ cominciata con qualche presa di profitto, poi è arrivata la guerra in Ucraina e, da lì, le montagne russe dei mercati, travolti dalle incertezze in fatto di economia e, infine, il rialzo dei tassi di interesse imposti tout-court dalle banche centrali di mezzo pianeta. Ed ecco che anche le criptovalute hanno cominciato a soffrire e a perdere, perdere, perdere.
Ciliegina sulla torta, già indigesta, i crac finanziari e le svalutazioni delle principali piattaforme di scambio che hanno lasciato sul terreno anche un numero consistente di lavoratori.
Crollano tutte le criptovalute: tonfi del 75 e del 90% rispetto al novembre 2021
Il crypto-winter si presenta con numeri da brivido.
Il Bitcoin perde il 75% del proprio valore, passando dagli oltre 60 mila dollari al valore attuale, poco più di 16 mila dollari: un crollo impietoso ed inarrestabile, che ha innescato giornate di vendite compulsive con il risultato di far precipitare ulteriormente la situazione.
Ethereum, sempre a novembre 2021, era quotato 4800 dollari: ora vale circa 1200 dollari ed il trend è inesorabilmente in discesa, con una perdita di che supera il 70%. Stesso andamento per Ripple, valutato oggi circa 34 cent, e per Cardano, le cui quotazioni sono precipitate a quasi 27 cent.
In totale, si calcola che il crypto-winter abbia bruciato 2.000 miliardi di dollari, da quel favoloso novembre 2021.
Il mondo delle crypto travolto anche dai guai delle borse di scambio
Se poi, a tutto questo, si aggiungono il crack di Ftx e le svendite furiose di Binance, ecco che sul crypto-winter si abbatte una vera e propria tempesta perfetta, con il rischio che l’inverno diventi condizione stabile per parecchio tempo.
Prova a tranquillizzare i suoi, Champeng Zhao, il ceo di Binance: con i suoi 60 miliardi di dollari investiti in criptovalute, si dice sicuro di poter assorbire i prossimi e difficili mesi. Ma, dopo aver subito disinvestimenti per 3miliardi e 600 milioni di dollari in una sola settimana, sono in tanti a tremare.
Problemi anche per Coinbase, che perde circa l’85%, dal novembre 2021. Ora dovrà anche affrontare il giudizio della Corte Suprema degli Usa che ha incriminato l’exchange in due diversi processi per non aver fornito agli investitori tutte le informazioni necessarie.
Sul sito cryptowisser.com una pagina dedicata all’Exchange graveyard, il Cimitero degli Exchange
Ma le borse di scambio fallite sono centinaia, affondate da attacchi hacker, scam e morti che non convincono. E sono loro, gli exchange a reggere il mercato. Il loro crollo è stata una delle cause dell’attuale crypto-winter.
Negli exchange si scambiano le crypto, muovendo milioni e milioni in un turbinio furioso di soldi. Hanno, con il tempo, tradito la loro mission: non più piazze libere da intermediari, come era nei sogni di Satoshi Nakamoto, ma colli di bottiglia finanziari attraverso i quali passano le criptovalute, venendone condizionate.
Sono decine le borse di scambio, dalle più piccole alle più grandi, che attraversano il mondo delle criptovalute come meteore. E, con la loro morte, spariscono anche i quattrini degli utenti.
Il sito cryptowisser.com ha provato a contarle: nella sua pagina “Exchange graveyard” una vera e propria mappa del cimitero degli exchange. Sono, finora, 34 quelli che hanno chiuso i battenti nel 2022 (ma potrebbero ancora esserci degli aggiornamenti); 94 nel 2021 e nel 2020 e 85 nel 2019. Nel sito sono registrate anche le “cause del decesso” e, tra i vari motivi addotti (ragioni di business, leggi bancarotta, o scam, ovvero truffe) ben 16, nell’ultimo anno, sono semplicemente sparite. Il servizio risulta inaccessibile o in manutenzione permanente.
Ftx e Mt. Gox i due fallimenti più eclatanti
Ftx fa notizia per le dimensioni del crack e per le conseguenze penali che pendono sul capo del proprio ceo, Sam Bankman-Fried e che si aggravano ogni giorno sempre di più. Secondo l’agenzia americana Bloomberg, il magnate trentenne avrebbe avuto almeno quattro incontri con alti funzionari della Casa Bianca, nel corso di questo 2022, nel tentativo di influenzare la legge sulle criptovalute. La bancarotta, dichiarata nel novembre scorso, ha fatto emergere debiti per oltre 3 miliardi di dollari, ma si presume siano molti di più. Il numero dei creditori sfiora il milione. Il liquidatore John Ray definisce quella di Ftx “una situazione senza precedenti, con un fallimento totale dei controlli aziendali ed un’assenza totale di informazioni finanziarie affidabili”. Ora, con il crollo del suo impero, Sam Bankman-Fried, deve rispondere di diverse accuse tra cui frode telematica e riciclaggio. L’uomo rischia l’ergastolo.
Ma la definizione di “Lehman Brothers delle cripto” spetta al crack di Mt. Gox. Nato nel 2010, l’exchange esplode letteralmente a fine 2013, arrivando a concentrare il 70% di tutte le transazioni in bitcoin: in termini di valore assoluto, certamente, non è paragonabile a quelli attuali, ma il volume di valuta movimentata è stato tale da valere Mt. Gox questo discutibile titolo quando, nel febbraio 2014, ecco arrivare il crack. A più riprese, spariscono 850 mila bitcoin, ritrovati solo in parte. Il valore, all’epoca, era di circa 450 milioni di dollari (14 miliardi il valore odierno, più o meno) e, a distanza di otto anni, ne sono stati recuperati solo una piccola parte. Il 10 gennaio 2023 è l’ultima data utile, fissata dal liquidatore fiduciario Nobuaki Kobayashy, per presentare la richiesta di risarcimento.
Secondo gli analisti, il crack di Mt. Gox è stato epocale: al momento del crollo, sulla piattaforma passavano il 46% di tutti i flussi verso gli exchange di criptovalute. Lo scambio di Ftx si limitava, invece, a non più del13%.
Gli exchange affondati dagli hacker
Il crypto-winter che si sta abbattendo sulla galassia delle valute decentrate è stato molto aiutato, nel recente passato, dagli hacker anche se, ultimamente, le chiusure in seguito ai loro attacchi sembrano essersi ridotte.
Le aggressioni informatiche hanno provocato la chiusura della piattaforma neozelandese Cryptopia, nel 2019. Dopo due attacchi, sferrati nel giro di due settimane a gennaio, nel mese di maggio l’exchange chiude i battenti, lasciando a piedi oltre 2 milioni di iscritti e 37 dipendenti. Ad oggi, il liquidatore non riesce ancora a quantificare il volume del ‘buco’.
Tutta coreana sembra la storia di Youbit: chiude a dicembre 2017, in seguito a due attacchi hacker che sottraggono il 17% delle riserve finanziarie dell’exchange. Secondo l’agenzia sud-coreana di sicurezza informatica Kisa, dietro i responsabili del gesto, si celerebbe l’antagonista governo nord coreano.
Una ‘Waterloo’ anche per la russa Livecoin, aggredita nel dicembre 2020 e costretta a chiudere i battenti meno di un mese dopo. Gli hacker avevano modificato i tassi di cambio e svuotato le casse dell’exchange.
Due piattaforme italiane nell’ ‘Exchange graveyard’ di Cryptowisser
E’ italiana la piattaforma di scambio Bitgrail, che dichiara bancarotta nel 2018, dopo che 150 milioni di dollari nella valuta trattata (Nano) si erano volatilizzati. Ne sono stati recuperati 80 milioni, in parte già restituiti agli investitori. Il sito risulta ancora attivo per continuare a raccogliere le domande degli ex utenti.
Nel 2020 è toccato a CryTrEx, il secondo exchange made in Italy, chiudere i battenti per bancarotta, dopo solo tre anni di attività e sempre per colpa degli hacker.
Crypto-winter: il giallo delle morti sospette
Il mondo delle criptovalute si tinge di mistero anche per le morti sospette di alcuni dei suoi operatori.
Il primo è Tobiasz Niemiro, co-proprietario dell’exchange polacco BitMarket, chiuso nel 2019 per problemi di liquidità e lasciando 400 investitori con un buco di quasi 23 milioni di euro in bitcoin. L’uomo aveva sempre respinto le accuse di appropriazione indebita ed aveva, ancora una volta, chiamato in causa gli hacker. Pochi giorni dopo l’annuncio della chiusura, nel luglio del 2019, Niemiro è stato rinvenuto morto.
Sul caso QuadrigaCX, la fiction “Trust No One”
Ma il giallo vero, degno di un serial televisivo è quello di QuadrigaCX, il principale exchange canadese. E, infatti, ne è nato una docufiction in onda su Netflix, “Trust No One”.
Tutto capita nel 2018, nel corso di un’epocale caduta del Bitcoin: alcuni utenti non riescono più a prelevare dai propri conti. A pochi giorni di distanza, il patron di QuadrigaCX, Gerald Cotten, muore improvvisamente mentre si trova in India e subito dopo aver firmato il proprio testamento. A stretto giro, la piattaforma chiude, sprangando le porte anche a 200 milioni di dollari in criptovalute. Pare, infatti, che Cotten fosse l’unico a possedere le chiavi di accesso.
Ma la serie di coincidenze non convince gli utenti che, addirittura, dubitano della morte di Cotten. A far luce sul caso, ci pensa “The Globe and Mail”, confermando sia la morte di Cotten sia che fosse il solo a gestire la piattaforma. Il resto della storia arriva poi dalle autorità canadesi: con QuadrigaCX, Cotten aveva messo in piedi uno schema Ponzi in piena regola, inviando agli utenti valute prive di valore, mentre reinvestiva i proventi in quelle vere, moltiplicandole.
Ed, ancora una volta, il mondo delle criptovalute ne esce appannato, determinando la congiuntura che porta all’odierno crypto-winter.
In Cina arresti per riciclaggio miliardario
Ed è di pochissimo tempo fa la notizia di 63 arresti, in Cina, per il riciclo di circa 1 miliardo e 600 mila euro in cripto valute. La banda, in azione dal maggio 2021 avrebbe accumulato un gruzzolo in truffe con schemi piramidali, giochi d’azzardo e frodi di vario tipo per poi convertire il bottino in tether.
Utilizzando piattaforme di trading e di exchange avrebbero, poi, convertito i soldi in yuan cinesi, per un totale di circa 12 miliardi in valuta locale. Secondo la polizia cinese, anzi mongola, per la precisione, attraverso il servizio di messaggistica Telegram, gli arrestati avrebbero reclutato persone in tutto il paese con il compito di aprire account crittografici per riciclare i soldi, in cambio di una percentuale sul volume “ripulito”.
E non è certo il primo caso, questo. Già nel settembre scorso, altre 90 persone sono state arrestate ad Hengyang con l’accusa di aver riciclato 40 miliardi di yuan e, a marzo 2022, la polizia di Shanghai aveva smontato uno schema a piramide che muoveva criptovalute per oltre 100 milioni di yuan.
Del resto, la Cina è il quarto mercato al mondo per i cripto scambi: secondo quanto emerso dai documenti, l’8% dei clienti di Ftx erano cinesi.
Il mondo delle crypto è sempre più un far west.
Non ci sono controlli, authority, regole: il mondo delle criptovalute è giovane ed in continuo mutamento e, forse, truffe e fallimenti sono un passaggio necessario per arrivare ad un assetto più sicuro e garantito.
Per il momento però, appare come una galassia nebulosa. Anche la classifica degli exchange della piattaforma CoinMarketCap, ne promuove soltanto 14 su centinaia. Ed è una promozione che sfiora appena la sufficienza. Del resto, è impossibile usare parametri certi: nessuno conosce realmente il volume delle negoziazioni o quelli delle riserve dei singoli exchange. La stessa CoinMarketCap, che distribuisce promozioni e bocciature, è di proprietà di Binance, il maggior exchange del pianeta. E, solo il giorno prima che ne venisse dichiarata la bancarotta, la piattaforma aveva piazzato Ftx al 3° posto nella classifica stilata.
E gli ottimisti? Uno c’è di sicuro e si chiama Nayib Bukele
In tutto questo marasma in cui miliardi di dollari passano di mano con la leggerezza di un battito d’ali e si lasciano dietro milioni di investitori truffati, esistono anche gli ottimisti, convinti il crypto-winter sia solo una stagione difficile, destinata a passare.
Uno di questi è certamente Nayib Bukele, presidente della repubblica di El Salvador: la sua fede nella tenuta e nella ripresa delle criptovalute è tale da aver trasformato il Bitcoin in valuta legale. Purtroppo, però, alla luce delle pessime prestazioni della valuta decentrata, il paese ora rischia la bancarotta.
Alla luce di tutto questo, comunque sembra evidente che il crypto-winter calato sulla galassia delle valute decentrate sia una stagione destinata, certamente, a lasciarsi alle spalle un mucchio di quattrini e di investitori disillusi.